Secondo una recente pronuncia della Corte di Cassazione (Cass. Pen. Sez. IV n. 28810/2023) ai fini dell’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, rilevano anche redditi non assoggettati ad imposta ma indicativi delle condizioni personali, familiari e del tenore di vita dell’istante.

La Corte, muovendo dal dato normativo dell’art. 76 del D.P.R. n. 115 del 2002, ha precisato che nell’indicare le condizioni di ammissione al gratuito patrocinio non fa solo riferimento al “reddito imponibile ai fini dell’imposta personale (…) risultante dall’ultima dichiarazione”, ma anche ai “redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, ovvero ad imposta sostitutiva”.

La Corte ha evidenziato che la disposizione normativa in questione non va interpretata secondo le categorie del diritto tributario, ma va inquadrata nel differente sistema delle regole sottese all’intervento dello Stato a garanzia della difesa in giudizio dei non abbienti, a fronte della quale l’accertamento della condizione di “non abbiente” deve attingere a categorie per cui rilevi l’accertamento degli introiti effettivi del richiedente, tali da consentire o meno la possibilità di affrontare le spese di un giudizio.

Già in altre occasioni la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che qualsiasi entrata non occasionale percepita dall’istante confluisce nel formare il reddito personale ai fini della valutazione del superamento del limite indicato nel D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76.