Con la sentenza n. 179/2020 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 24 d.p.r. 313/2002 nella parte in cui non prevede che nel certificato del casellario giudiziale richiesto dall’interessato non siano riportate le iscrizioni della sentenza di condanna per uno dei reati di cui all’ art. 186 d.lgs. n. 285/1992 guida in stato di ebbrezza che sia stato dichiarato estinto in seguito al positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, nonché dell’ordinanza che dichiara l’estinzione del reato medesimo.

Prendendo le fila dalle argomentazioni svolte con la sentenza n. 231/2018 – nella quale era stato affrontato il medesimo problema in relazione all’istituto della messa alla prova – la Corte ha osservato che il lavoro di pubblica utilità, disposto quale sanzione sostitutiva per il reato di cui all’art. 186 C.d.S., alla stessa stregua della messa alla prova, comporta un beneficio concreto in favore della collettività e deve essere pertanto considerato maggiormente meritevole di godere del beneficio della non menzione rispetto a chi acceda a riti alternativi o non opponga un decreto penale di condanna, per i quali è espressamente prevista la non menzione.

Inoltre, la menzione si pone in contrasto con la ratio della dichiarazione di estinzione del reato per esito favorevole dei lavori, creando un pregiudizio in termini reputazionali e probabili difficoltà nell’accesso a nuove opportunità lavorative.

Da ultimo, l’esigenza processuale di garantire che la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità non sia concessa più di una volta e che in caso di recidiva nel biennio sia revocata la patente è già adeguatamente soddisfatta dall’obbligo di iscrizione dei provvedimenti in questione e della loro menzione nel certificato ad uso del giudice.